Uno degli argomenti principe contro le leggi che vietano l’aborto a meno che non sia a rischio la vita della madre, come quella da poco approvata in Alabama, è che questo divieto sarebbe una ulteriore violenza per le donne vittime di stupro. I sostenitori dell’aborto partono infatti dal presupposto che per una donna rimasta incinta dopo una violenza sessuale l’aborto sia la soluzione più ovvia, la più scelta e la meno traumatizzante.

Eppure nella realtà non è affatto così, anzi.

Ecco un articolo di Sarah Terzo, pubblicato su Liveaction, nella traduzione di Gian Spagnoletti e Annarosa Rossetto.

Molte persone suppongono che le donne vittime di stupro che rimangono incinte a seguito della violenza vogliano l’aborto, e che se non sono in grado di ottenerlo le loro vite saranno rovinate e i loro figli diventeranno un costante ricordo dello stupro. Tuttavia, non meno di tre studi hanno dimostrato il contrario.

David Reardon, Amy Sobie, e Julie Makimaa1 hanno scoperto che il 73% delle vittime di stupro che sono rimaste incinte hanno scelto la vita. Di queste, il 64% ha cresciuto i propri figli e il 36% li ha dati in adozione. Una serie di due studi più vecchi fatti dalla Dr.ssa Sandra Mahkorn2 ha trovato simili risultati – il 75% delle donne nei suoi studi ha scelto di non abortire. La Mahkorn ha dato le ragioni del perché le donne non abbiano abortito con queste parole:

La convinzione che l’aborto implichi violenza, omicidio, o fosse immorale era la ragione più frequentemente riportata per la decisione delle pazienti per non abortire. Sono stati sottolineati i punti di vista delle clienti sull’aborto come “modo violento di terminare una vita umana” o sull’aborto come “omicidio”. Altre hanno espresso la credenza in un significato intrinseco della vita umana, riflesso in opinioni come “ogni vita ha un senso” o “questo bambino può portare amore e felicità nella vita di qualcuno”. Una vittima di stupro incinta ha detto che avrebbe provato angoscia nel togliere la vita al bambino.2

Reardon e i suoi coautori hanno anche scritto delle ragioni sul perché altre donne presenti nel loro studio non hanno abortito:

Per prima cosa, circa il 70% di tutte le donne crede che l’aborto sia immorale, sebbene molte ritengano che dovrebbe essere una scelta legale per altre. All’incirca la stessa percentuale di donne incinte per stupro credono che l’aborto sarebbe un ulteriore atto di violenza.

Secondo, molte di queste donne credono che le vite dei loro figli possano avere un senso o significato intrinseco che ancora non capiscono.

In terzo luogo, le vittime di aggressione diventano spesso più introspettive. Il loro senso del valore della vita e del rispetto per gli altri aumenta. Dal momento che sono diventate delle vittime, il pensiero che a loro volta potrebbero rendere vittime i propri bambini innocenti attraverso l’aborto è insopportabile.

In quarto luogo, la vittima può percepire, almeno a livello subconscio, che se riesce a portare avanti la gravidanza, avrà superato lo stupro … Dare alla luce un bambino, specialmente quando il concepimento non era desiderato, è un atto totalmente altruistico, un atto generoso, un’esibizione di coraggio, forza e onore. È la prova di essere migliore dello stupratore. … Mentre lui ha portato distruzione,  lei può portare vita.1

Come se la sono cavata queste donne dopo aver avuto i loro bambini? La Mahkorn ha intervistato psicoterapeuti che hanno lavorato con le donne diventate madri dopo uno stupro. Ha misurato l’autostima, l’ansia, la paura, la soddisfazione per la situazione di vita attuale, la solitudine, la depressione e la felicità di queste donne. Ha chiesto loro di valutare l’intensità di questi sentimenti. La misurazione è stata eseguita al momento del primo contatto con il consulente e poi più tardi durante terapia. In tutti i casi, i punteggi delle donne hanno mostrato miglioramenti negli aspetti positivi e diminuzioni in quelli negativi. Ciò indicava che le donne stavano guarendo e adattandosi.

Secondo Mahkorn: [Questo studio illustra] che la gravidanza non ostacola la risoluzione del trauma della vittima … piuttosto, con un sostegno amorevole, atteggiamenti non giudicanti e una comunicazione empatica, sono possibili risposte emotive e psicologiche sane nonostante il carico aggiuntivo della gravidanza.2

Lo studio di Reardon ha confrontato le donne che hanno abortito con le donne che avevano portato a termine la gravidanza. Ha rilevato che l’88% delle donne che hanno abortito si è rammaricata del proprio aborto e ha ritenuto di aver fatto la scelta sbagliata. Solo una donna era davvero soddisfatta di averlo fatto. Le donne rimanenti erano ambivalenti, sentendo di aver preso la decisione giusta ma riconoscendo che l’aborto era stato traumatico per loro. Hanno detto cose del tipo: “Mi turba molto ma forse è stata la cosa migliore” 1

Il 93% delle vittime di stupro che hanno abortito ha dichiarato che non consiglierebbe l’aborto a qualcuna nella stessa situazione. Solo il 7% ha ritenuto che l’aborto fosse una buona soluzione in caso di stupro. Inoltre, il 43% ha affermato di essersi sentita spinta a scegliere l’aborto dalla propria famiglia e/o da sanitari abortisti.

Delle donne che avevano proseguito la gravidanza, nessuno si era pentita di avere avuto il bambino o desiderava invece aver abortito. Oltre l’80% esprimeva esplicitamente la felicità rispetto al proprio bambino e sulla sua situazione. Solo quattro donne su 82 che hanno portato a termine la gravidanza hanno affermato che l’aborto “potrebbe” essere una buona soluzione per una gravidanza che si verifica durante lo stupro. Il 94% ha dichiarato che l’aborto non è una buona soluzione in questi casi.

Questi studi dimostrano che l’affermazione che tutte le donne che restano incinte in uno stupro vogliono abortire è una leggenda e che la maggior parte delle donne che abortiscono più tardi si pentirà di averlo fatto. Al contrario, le donne negli studi che hanno scelto la vita erano felici di avere avuto i loro bambini.

I pro-life possono essere certi che quando si oppongono all’aborto in caso di stupro e incoraggiano le vittime a scegliere la vita, non stanno facendo del male a queste donne, ma stanno dando loro forza di reagire.

  1. David C Reardon, Julie Makimaa e Amy Sobie Vittime e Vittori: “Interviste sulle loro gravidanze, sull’aborto e sui bambini provocati da violenza sessuale” (Springfield, Illinois: Acorn Books, 2000)
  2. Sandra Kathleen Mahkorn, MD e William V Dolan, MD “Sexual Assault in Pregnancy” Thomas Hilgers, Dennis Horan e David Mall Eds. New Perspectives on Human Abortion (Frederick, Maryland: University Publications of America, 1981); Sandra Kathleen Mahkorn “Gravidanza e violenza sessuale” David Mall e Walter Watts, Eds. Gli aspetti psicologici dell’aborto (Washington DC: University Publications of America, 1979)

    Fonte:
     liveaction